Itinerario turistico lungo le cinta mrarie di Istanbul

Il percorso si propone di esplorare la città passeggiando lungo l'ultima cinta muraria che difese l'antica Costantinopoli per oltre mille anni. Ciò che colpisce dei bastioni di Ístanbul non è solo la loro grandezza imponente, ma anche l'evoluzione delle tecniche dell'architettura militare. II monumento più rilevante è raffigurato dalla ex chiesa di S, Salvatore InChora, ora modificata in museo, che accoglie i mosaici più belli della città a attestato della grandezza dell'impero bizantino. Ma provocano interesse anche le antiche porte di accesso e le moschee, tra le più alte espressioni dell'arte di Sinan. La visita si conclude al castello di Yedikule, dal quale si beneficia un bel panorama sulla parte meridionale della città. L'itinerario è lungo circa 7 km, per i quali vanno messe in conto circa cinque ore. Dopo Mihrimah Camii, nel tratto compreso tra Top Kapi e Yedíkule, è raccomandabile servirsi dei mezzi pubblici o di un taxi.
Bastioni
I resti di quello che un tempo era il più grande sistema di fortificazione della città prendono avvio a Ayvansaray Kapi. I bastioni furono innalzati sotto il regno di Teodosio II e resistettero fino al 1453, quando Mehmet II prese d'assalto Costantinopoli. In precedenza la città era stata rafforzata con altre tre cerchie di mura, che furono più volte annientate e rifatte. L’edificazione del quarto giro difensivo iniziò verso il 413, conquistando in breve tempo larga fama per le sue caratteristiche tecniche all'avanguardia.
Le mura teodosiane, destinate alla difesa della terraferma, furono accostate, nel 439, da una fortificazione marittima, che si allungava lungo le coste del Corno d'Oro e del mar di Marmara. Pochi anni dopo, fu ideata un'ulteriore cinta muraria più esterna. Tra il V secolo e la fine dell'impero bizantino le mura furono oggetto di restauri e modificati, anche per quanto riguarda il loro tracciato.
In particolare, nel corso del XII secolo, l'importanza assunta dal complesso delle Blancherne rese necessaria la realizzazione di una nuova muraglia attorniata da torrioni, unita alla cinta del V secolo all'altezza del palazzo detto di Costantino Porfirogenito. Negli ultimi decenni dell'impero bizantino, le fortificazioni terrestri furono estesamente restaurate, soprattutto durante il regno di Giovanni VIII Paleologo.
Gli ultimi lavori in epoca bizantina vennero intrapresi tra il 1448 e il 1452, ma non bastarono a preservare la città dai ottomana. Dopo la Conquista, anche molti sultani si cimentarono in interventi di mantenimento, promossi in proprio da Mehmet II, Beyazit II e Murat IV.
Torri e porte
Il tratto dei bastioni compreso fra l'Ayvansaray Kapi e l'Egri Kapi presenta 14 torrioni e due porte che furono murate dai turchi dopo la Conquista. Queste erano riparate da un profondo fossato, che partiva dal Corno d'Oro e si allungava fino alla torre di Isacco Angelo. Verso est è visibile la torre innalzata per proteggere la Xylo Porta.
Poco oltre, dalla torre di S. Nicola, le mura disegnavano un saliente, andato quasi del tutto perduto. Alla fine di questo si scoprono le torri di Isacco Angelo e di Anemas. Procedendo si va incontro a sette torri quadrate, volute dall'imperatore Manuele I Comneno.
Egri Kapi
Il suo nome significa "porta obliqua". Deriva dal fatto che un mausoleo innalzato in onore di Hazreti Hafiz chiude in parte il passaggio. Durante l'impero bizantino la porta si chiamava Kaligaria e dava accesso al quartiere omonimo.
Palazzo di Costantino Porfirogenito
L'edificio risale al XII secolo e, a dispetto del nome, non è da riferirsi all'imperatore Costantino VII. Il termine, di origine greca, significa "nato dalla porpora" ed era esposto a tutti i sovrani bizantini per dare rilievo la loro nobile origine. Quello che resta della residenza è una sola parete, che merita in ogni modo una visita. È contraddistinta da arcate impreziosite con inserti di marmo e mattoni, decorazione tipica delle facciate esterne degli edifici bizantini.
Kariye Camii
Visita da gio¬vedì a martedì, ore 9.30-16.30; chiuso mercoledi.
L'ex chiesa di S. Salvatore in Chora, oggi modificata in museo, è nota in tutto il mondo per gli anomali mosaici e gli affreschi parietali di rara bellezza, tutti e due valutati tra le testimonianze meglio conservate dell'arte bizantina.
L'edificio odierno fu in larga parte innalzato per volontà di Maria Dukas, nipote di Isacco Comneno sul finire dell'XI secolo e prese con ogni probabilità il posto di un monastero del V secolo.
L'abside e la cupola risalgono al '200, mentre l'esonartece e la cappella laterale vennero fabbricati sul finire del XIII secolo. I mosaici e gli affreschi furono realizzati tra il 1315 e il 1321. Durante l'assedio del 1453, che anticipò la caduta di Costantinopoli, la comunità greca pose sull'altare l'icona della Vergine Hodeghetria, per allontanare il pericolo di un'invasione turca nella città. Verso la fine del XV secolo, la chiesa venne modificata in moschea e le fu dato il nome Kariye Camii.
La decorazione interna. L'elemento di maggior interesse è dato dai cicli di mosaici e di affreschi. Il progetto iconografico e il suo sottile simbolismo non sono sempre di facile comprensione. Tema centrale della racconto è la vita della Vergine e di Cristo, riprodotta attraverso gli episodi più significativi.
In particolare, nel parecclésion, gli affreschi hanno come tema la Vergine e le sue prefigurazioni, il Giudizio Universale e la Resurrezione. Il percorso di visita all'interno del tempio segue in gran parte lo svolgimento tematico del ciclo narrativo.
Navata
A pianta quadrata, è sovrastata da una grande cupola ed è allungata da un'abside. La pareti sono rivestite di lastre di forma, grandezza e materiali differenti, tra cui marmo, porfido e breccia. In un pannello è riprodotta la Dormitio Virginis.
Parecclésion
Si tratta di una cappella funebre, fatta innalzare da Teodoro Me-tochite, che si ritirò nel monastero nel 1328. Si compone di un atrio e di una navata culminante in un'abside. Nell'atrio, al centro della cupola, la Vergine col Bambino tra 12 angeli. Nei pennacchi sono raffigurati quattro poeti innografì. Sugli archi trasversali, in un medaglione si nota il Cristo, e a ovest, dalla parte dell'esonartece, è raffigurato Melchisedech, il re-sacerdote di Gerusalemme. Sull'intradosso dell'arco si trovano Aronne e i suoi figli dinnanzi all'altare, le anime dei giusti nella mano di Dio e, a sud, l'angelo che salva Gerusalemme dagli assiri. Nell'ultima delle tre composizioni dell'intradosso del lato occidentale è rappresentato Isaia che annuncia la sconfitta delle truppe di Sennacherib davanti a Gerusalemme, alla fine dell'episodio, un angelo uccide i soldati assiri davanti alle mura della città.
Timpano settentrionale dell'atrio del Parecclésion.
Sono qui rappresentate scene che illustrano episodi della vita di Giacobbe e di Mosè. Sulla parete sinistra, il sogno di Giacobbe; sulla destra, Mosè guarda l'angelo; in basso a sinistra, Mosè si slaccia i sandali. Sull'intradosso dell'arco, la scena del roveto ardente tratta dall'Antico Testamento.
A destra, di fronte al coro, sulla parete meridionale, sono riproducete quattro scene del ciclo dell'Arca dell'Alleanza; la prima, sulla destra dell'ingresso della navata, riproduce il trasporto dell'Arca all'interno del tempio di Salomone; sempre a destra, sull'intradosso di un atrio, il trasporto degli oggetti di culto nello stesso tempio.
Nella prima parte del timpano, all'estrema destra, il re e il popolo d'Israele davanti all'Arca dell'Alleanza. La quarta scena, nella seconda parte del timpano, mostra il luogo in cui era conservata l'Arca nel Sancta Sanctorum del tempio di Salomone.
Navata Parecclésion
Vi campeggia uno splendente Giudizio Universale. Il Cristo è al centro della volta celeste, tra gli apostoli, la Vergine e S. Giovanni Battista. Al di sotto stanno i cori degli eletti: a sinistra quello dei Profeti, poi la preparazione del Trono del Giudizio, con Adamo ed Eva che si prostrano ai suoi piedi e la pesatura delle anime.
Sulla parte a sinistra della finestra sono rappresentati, con estremo realismo, i tormenti dei dannati. Sui tre dei quattro pennacchi della volta di questa campata sono riferite le parabole di Lazzaro, di Abramo e del Ricco Epulone. Nella quarta, invece, è rappresentata la scena della Terra e del Mare che restituiscono i morti al suono delle trombe del Giudizio. La parete di sinistra è completamente dedicata all'ingresso delle anime in Paradiso.
Abside del Parecclésion
Gli affreschi presenti in questa parte della chiesa sono osservati tra gli esempi più alti dell'arte bizantina. L'attenzione è attratta dal Cristo nella mandorla, accerchiato da gruppi di Giusti con S: Giovanni Battista sulla sinistra, mentre Abele sulla destra trae fuori i corpi di Adamo ed Eva dalle loro tombe. Sull'intradosso dell'arcata antistante all'abside sono rappresentati i miracoli della resurrezione della figlia di Giairo e della resurrezione del figlio della vedova di Naim, rispettivamente sulla destra e sulla sinistra. Da sottolineare, sulla destra, una delicata immagine della Vergine col Bambino.
Attorno a Edirne Kapi
È la porta attraverso la quale Mehmet Il immise trionfalmente a Costantinopoli il 29 maggio 1473. Vicino si trova Mihrimah Camii, moschea ideata nel 1550 da Sinan per volere di Mihrimah, figlia preferita di Solimano il Magnifico e moglie del gran visir Rústem Pasa. Gravemente deteriorata dai terremoti del 1776 e del 1894, è stata più volte ristrutturata. Oltre alla moschea, il complesso contiene una medersa, un mausoleo, una scuola, un doppio hamam e numerose botteghe.
La moschea è preceduta da un esteso portico coperto da sette cupolette. La sala di preghiera è sovrastata da una grande cupola, sostenuta da quattro arconi e relativi pilastri angolari, allungati all'esterno a formare una sorta di torrette poligonali. La soluzione fu soggetto a Sinan per limitare la parte in muratura ed aumentare il numero delle finestre, consentendo così di conferire particolare luminosità all'interno.
Attorno a Top Kapi
In passato chiamata porta di S. Romano, fu ribattezzata "porta del cannone" in ricordo del cannoneggiamento subìto a opera di Mehmet Il nel 1453. Qui fu rinvenuto il corpo di Costantino Dragases, l'ultimo imperatore bizantino. Non lontano si leva Ahmet Paia Camii, innalzata da Sinan nel 1551 per volere di Kara Ahmet Pa;a, a quel tempo gran visir di Solimano il Magnifico.
Il complesso racchiude anche una medersa. La sala di preghiera è anticipata da un cortile alberato; nel porticato si nota una fine decorazione di maioliche gialle e verdi. All'interno della moschea, la decorazione maiolicata prende invece le tonalità del bianco e del blu.
Aghiasma di Bahkli
Porta a questa fontana sacra la strada che esce da Silivri Kapi. Faceva parte dell'antico convento di Pighi e prende il nome da una piccola cisterna sotterranea che si apre sotto la zona del coro, dove nuotano pesci rossi, ossia Bahkó. La tradizione vuole che la sorgente di Bahkh sia stata benedetta alla Madre di Dio nel V secolo. Sotto il regno di Giustiniano, il complesso fu arricchito con materiali originari dalla costruzione di S. Sofia.
Belgrat Kapi
Rientrando nella cerchia dei bastioni e proseguendo verso sud si incontra l'antica porta di Xylokerkos, oggi in parte demolita. Il suo nome attuale deriva dal fatto che Solimano il Magnifico deliberò nelle sue vicinanze gli artigiani imprigionati dopo la presa di Belgrado nel 1521. L'ultimo tratto di mura contiene I I torri.
In alcune è ancora possibile leggere l'iscrizione di Giovanni VIII Paleologo che riferisce gli sforzi compiuti per fortificare Costantinopoli e per opporsi agli attacchi degli Ottomani.
Yedikule
Visita: da martedì a domenica, ore 9.30-17. Per una migliore visibilità può essere utile una torcia elettrica. Si entra alla fortezza tramite la Yedikule Kapi, una bella porta in stile bizantino sormontata da un'aquila, uno dei più noti e ripetuti simboli imperiali.
Il complesso presenta influenze architettoniche sia bizantine che ottomane. Non possiede le caratteristiche proprie di un castello tradizionale ma al suo interno si trovavano locali rivolti ai soldati, punti di avvistamento e una moschea.
La fortezza fu innalzata sotto il dominio bizantino e portava il nome di Strongylon. Qualche decennio dopo fu restaurata e rinforzata con cinque torri. Verso la metà del XIV secolo vennero aggiunte altre due torri e il nome fu cambiato in Heptapyrghion, per poi essere tradotto in Yedikule, "castello dalle Sette Torri".
Sotto il regno di Mehmet II fu adoperato per custodire i tesori di Stato. In seguito fu modificato in prigione e conservato in particolare ai diplomatici stranieri e ai prigionieri di guerra. Nel 1782 la fortezza fu distrutta da un incendio e in seguito restaurata da Abdiilhamit I.
L'interno dello Yedikule
La visita inizia dalla torre più a destra detta delle Iscrizioni e usata nell'antichità come prigione. È possibile salire ai piani superiori e entrare alla cortina, che presenta una larghezza di circa cinque metri. Il percorso continua fino a una torre semicircolare: scesi dalla cinta muraria, si accede nella corte e ci si trova di fronte alla Porta dorata, l'arco di trionfo innalzato nel 380 per volere di Teodosio I.
L'arco presentava tre aperture: quella centrale, più grande, era riservata al passaggio del sovrano. In seguito, la porta fu fatta precedere da un arco più piccolo, con un ingresso ricavato dalla muraglia di Teodosio II. I tre archi di ingresso della Porta dorata vennero murati.
Torre di Marmo
L'ultimo tratto dei bastioni unisce la fortezza di Yedikule a questa bella torre, che deve il suo nome al rivestimento marmoreo; servì da prigione in epoca bizantina per poi essere adoperata come Zecca sotto il dominio ottomano. La torre arriva un'altezza di 30 metri e sorge su un piccolo promontorio in riva al mare, da cui si gode un bel paesaggio.
Ímrahor Camii
Visita: tutti i giorni, ore 8-18. Come tanti monumenti di Ìstanbul, era un tempo una chiesa bizantina, che faceva parte del monastero consacrato a S, Giovanni Battista. Fondato nel 463, era uno delle strutture religiosi più rilevanti di Costantinopoli. Nell'antichità era particolarmente noto per la sua intensa attività di copiatura di antichi manoscritti e codici miniati. Fu per questo motivo forse che, durante la disputa iconoclasta, il monastero si schierò a favore della corrente che difendeva l'uso delle immagini. Vivevano qui monaci facente parte alla comunità degli "acemeti". La peculiarità di questo ordine religioso era quella di pregare, secondo rigidi turni, continuo sia di giorno che di notte. Nel 1293 subì un rilevante intervento di re-stauro.
La trasformazione in moschea risale al tempo del sultano Beyazit II. L'edificio fu risolutivamente abbandonato in seguito al terremoto del 1894. Una delle parti più notevoli della chiesa è il nartece, che presenta un bel colonnato con capitelli corinzi. L'architrave è ornato con ghirlande di foglie d'acanto e girali vegetali.
L'interno di Ímrahor Camii.
Attraverso il nartece si entra nella chiesa vera e propria. Le porte di entrata sono cinque, tre immettono nella navata centrale, le due poste alle estremità in quelle laterali. Le tre navate centrali erano in passato separate da due file di colonne di breccia verde. Un cenno particolare merita il pavimento a mosaico, che risale al periodo di Michele Paleologo. Del complesso monastico rimane una cisterna con 24 colonne di granito oltrepassate da bei capitelli corinzi. Nei pressi è visibile una fontana con due colonne antiche.

 

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